Due sorrisi e occhi che si illuminano ogni volta che si parla del vigneto, della cura per la vite. Cominciano a gesticolare come se davanti a loro ci fosse un tralcio e a mostrarti come si fa una potatura, a spiegarti quali siano i lavori giusti per la stagione: con i loro sguardi trasmettono tutta la forza e la voglia per questo lavoro. Sono
Matteo e Marco, figli di Sisto Biasin, uno dei tre fratelli fondatori di Cà Rovere. Hanno rispettivamente 20 e 17 anni e, anche se entrambi ancora impegnati con gli studi di Agraria, amano questo territorio e se ne prendono cura, da sempre.
Fin da piccoli i due fratelli adoravano giocare con i trattori e guardavano con ammirazione le fiere paesane, come quella del vicino paese di Lonigo (Vicenza), dove venivano esposti i
John Deere che sognavano di guidare un giorno. Dà lì questa passione è cresciuta sempre di più e, spinti l'uno dall'altro, tra complicità e un po' di sana competizione, Matteo e Marco sono arrivati oggi ad essere la colonna portante di tutta la lavorazione agricola in Azienda.
Un altro pilastro di Cà Rovere, da cui hanno sempre preso ispirazione, è
nonno Bruno, che con i suoi proverbi e la sua infinita pazienza ha insegnato loro le basi del lavoro e buona parte della sua esperienza nel capire la vite e i suoi ritmi. Due generazioni che si scambiano idee e, tra tradizione e innovazione, continuano a crescere insieme.
Abbiamo quindi chiesto a Marco e Matteo quali siano
i fondamenti e gli insegnamenti del nonno che stanno alla base del loro lavoro quotidiano,
e quali invece siano le novità che hanno introdotto in azienda grazie alle loro esperienze e ai loro studi. Partendo proprio da queste ultime, si tratta di
cambiamenti pratici, che nascono da una visione diversa della
vite, a cui in passato non veniva data l'importanza che riceve oggi:
una visione ecosostenibile e molto più attenta ai bisogni della pianta.
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Utilizzo di concime organico: il concime serve per avere un vigneto rigoglioso. Quello classico è a base chimica ed è l'azoto in Primavera e del potassio d'Inverno: piccole dosi, con ripetizione annuale. Il limite di un concime chimico si può spiegare con una metafora: è come prendere ogni mese una pastiglia indipendentemente dallo stato di salute. Questo non aiuta l'organismo della pianta, così come non aiuta quello umano. Con la nuova generazione è stato introdotto il concime organico, caratterizzato da bassissime quantità di azoto e di potassio e ha più carbonio organico, che è una sostanza naturale. È un concime più completo, un vero "pasto" che alimenta il terreno.
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Potatura soffice: è più attenta alla vite rispetto alla quantità e al risultato finale. Questo tipo di lavorazione permette di avere una pianta più longeva nel tempo e più sana: i dettagli sono indispensabili, per cui fare tagli piccoli, ferite piccole. Tradizione invece era tagliare senza guardare quanto profonda fosse la ferita con a volte conseguenze di malattie indesiderate.
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Diserbo meccanico: questo è stato il cambiamento più difficile da far accettare non solo al nonno, ma anche a papà e zii, per il territorio sassoso, tipico dei Colli Berici. E' un meccanismo di aerazione del terreno, che rompe le radici superficiali e permette di sviluppare quelle più profonde e solide: aumenta la penetrazione della pioggia nella terra, l'interramento dei concimi e a livello estetico rende dei filari ordinati e puliti. L'alternativa era l'utilizzo del chimico, che invece brucia l'erba e meno salutare per l'ambiente circostante. Grazie alla fiducia alla loro caparbietà, adesso è una lavorazione consolidata.
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"Più qualità, meno quantità": il nonno è cresciuto con l'idea che più uva si produceva, meglio era. Ora invece è d'accordo con i nipoti sul fatto che si debba puntare a minori quantità ma grappoli più nutriti. Questo si ottiene con una potatura più mirata, che determina una bassa resa per ettaro.
Matteo e Marco raccontano che il nonno ha trasmesso loro i valori, gli ideali,
i punti cardini che sono invece rimasti immutati e li guidano ogni giorno:
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Pazienza e attenzione al tempo: il tempo è il segreto della buona agricoltura. Non bisogna avere fretta ma assecondarlo, aspettare e capire come tutto si evolve. Tanti sono gli insegnamenti in questo ambito, come "se l'estate è calda, il vigneto deve essere lasciato stare, si autogestisce per sopravvivere. Meglio avere un vigneto disordinato ma un'uva più forte." oppure "per una fioritura ideale della vite, il tempo deve essere asciutto e bello. Per capire se è avvenuta nel periodo giusto, i fiori non fecondati devono cadere nelle crepe del suolo". Pazienza e non avere fretta sono le parole chiave per il vigneto... ma per il pranzo a Mezzogiorno in punto non si transige per entrambe le generazioni!
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Onestà: "la parola è parola" dice sempre il nonno. Se ci si impegna in qualcosa, non si può non rispettarla. Ha insegnato il senso del dovere e della responsabilità, che va oltre ogni stanchezza, ogni temporale o giornata troppo soleggiata.
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Passione: questo, anche se messo per ultimo, è il riferimento più importante di tutti, che sicuramente sta alla base di tutti quelli descritti precedentemente. Tanti sono i ricordi col nonno, che li prendeva in braccio e li portava sul trattore il sabato e la domenica. Le passeggiate che, se pur silenziose, erano piene di osservazioni e di insegnamenti. Entrambi hanno imparato a guidare il trattore grazie alle sue lezioni e, guardando la sua devozione per questo lavoro, si sono innamorati a loro volta dei Colli Berici.
A Matteo e Marco i sogni e le aspirazioni non mancano. Dicono che la frase più pericolosa è "
abbiamo sempre fatto così":
mai fermarsi ma provare sempre cose nuove, sperimentare e non arrendersi. Gli insegnamenti del nonno sono il
cuore che permette oggi di dire ai due fratelli che questo non può essere considerato un lavoro, perchè alzarsi presto e tornare tardi dai campi per loro non è fatica: è solo tanto amore per ciò che fanno.
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